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Vitalizi a Galan, Chisso e Marchese? Ruffato conferma il "no", i difensori discordi

Di Emma Reda Sabato 25 Ottobre 2014 alle 11:36 | 0 commenti

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di Marco Bonet*

Giancarlo Galan non incasserà il vitalizio previsto per gli ex consiglieri regionali. Lo ha detto ieri il presidente dell'assemblea di Palazzo Ferro Fini Valdo Ruffato, dopo un colloquio con l'Ufficio legislativo, rispondendo ai consiglieri dell'Italia dei Valori che da una decina di giorni lo stanno incalzando sull'argomento, al grido: «Niente soldi per i condannati del Mose». La replica di Ruffato, che loda «l'attenzione dei colleghi sul tema della trasparenza», non nasconde un certo stupore: «L'eliminazione del diritto al vitalizio per i condannati è stabilita da una legge di due anni fa, votata anche dal gruppo dell'Italia dei Valori».

Galan potrebbe invece beneficiare dell'assegno previsto per gli ex parlamentari, difeso a Roma da una linea Maginot che neppure le cannonate del Movimento 5 Stelle sono riuscite a scalfire.
La polemica sullo stipendio e sui vitalizi ad appannaggio dell'ex governatore sta tenendo banco dal giorno della richiesta d'arresto nei suoi confronti e, con ancor più forza, da quello del suo patteggiamento nell'ambito dell'inchiesta Mose: 2 anni e 10 mesi, più 2,6 milioni di euro di multa. In particolare, dubbi sono stati sollevati sull'ipotesi che la sanzione milionaria possa essere pagata, oltre che con la vendita di Villa Rodella, con i denari pubblici che Galan incasserà sotto forma di «pensione» per i 15 anni trascorsi alla guida della Regione, (quella stessa Regione sfregiata dai furbetti della laguna), ma secondo Ruffato non sarà così.
«Nel 2012 siamo stati una delle primissime regioni a recepire il decreto legge 174 - dice Ruffato -. Voglio quindi assicurare ai cittadini che nessun consigliere coinvolto in pesanti vicende giudiziarie sta percependo o percepirà alcun vitalizio regionale». Cosa dice esattamente il decreto 174 del 2012? «È esclusa l'erogazione dell'assegno vitalizio in favore di chi sia condannato in via definitiva per delitti contro la pubblica amministrazione» e «il titolare dell'assegno vitalizio è tenuto a certificare l'insussistenza di condanne» e, nel caso in cui queste sopravvengano, «è tenuto a darne comunicazione entro cinque giorni, fatta salva la possibilità di procedere in via d'ufficio». Nel caso di Galan, dunque, il consiglio regionale fa sapere di attendere solo la trasmissione degli atti relativi al patteggiamento e sorte analoga dovrebbe toccare anche all'ex assessore alla Infrastrutture Renato Chisso e all'ex consigliere del Pd Giampiero Marchese: «La trasparenza del nostro operato in tema di vitalizi è evidente» ribadisce Ruffato ma sul punto pare profilarsi all'orizzonte una dura battaglia legale. L'avvocato Antonio Franchini, infatti, ricorda come la giurisprudenza della Corte Costituzionale da tempo individui la sentenza di patteggiamento come un «tertium genus» a metà tra assoluzione e condanna. «La determinazione di un soggetto verso il patteggiamento può dipendere da altre motivazioni rispetto all'ammissione di colpevolezza e noi l'abbiamo spiegato bene nella nostra istanza - dice il legale -. Inoltre il patteggiamento non ha gli effetti penali della sentenza di condanna e nemmeno le pene accessorie. Poi mi pare strano revocare un diritto acquisito».
In ogni caso Galan dovrebbe percepire il vitalizio (assai meno cospicuo) maturato in virtù delle sue brevi esperienze parlamentari: un anno da deputato nel 1994, tre mesi come senatore nel 2006, pochi giorni sempre a Palazzo Madama nel 2008. E questo perché la proposta del Movimento 5 Stelle di eliminare anche in questo caso l'assegno per i condannati, con un ritocco ai regolamenti d'aula, è stata cassata e rinviata ad una «successiva decisione» degli Uffici di presidenza di Camera e Senato. Decisione che ancora non è arrivata. L'ultimo anno trascorso alla Camera, invece, servirà a poco all'ex presidente perché nel 2012 il regime dei vitalizi parlamentari è stato riformato con l'introduzione del sistema contributivo.
Galan, come si diceva, continua comunque a ricevere lo stipendio da deputato e così andrà avanti fino al voto sulla sua decadenza dalla carica, che verrà calendarizzato a sentenza definitiva, una volta esauriti i ricorsi (ai fini della legge Severino, infatti, il patteggiamento equivale in tutto e per tutto ad una sentenza di condanna). Quando ciò accadrà, l'ex presidente del Veneto perderà anche lo scranno di presidente della commissione Cultura, da cui non si è mai dimesso.
*Da Il Corriere del Veneto


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