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Il salva Berlusconi, Ellero d'accordo con L'Huffington Post: inserito dopo il CdM

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Lunedi 5 Gennaio 2015 alle 21:04 | 0 commenti

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«Chi ha parlato con il viceministro (dell'economia, ndr) Casero in queste ore, visibilmente contrariato anche lui, è arrivato alla conclusione che la "norma salva Berlusconi" sia stata inserita nel testo a consiglio dei ministri concluso. E a consiglio dei ministri concluso una norma del genere può essere inserita solo dal dipartimento degli affari giuridici di palazzo Chigi con la copertura politica del premier. Ovvero da Antonella Manzione, ex capo dei vigili urbani di Firenze, la fedelissima che risponde solo a Renzi e Luca Lotti». Questo è il succo della lettura data da L'Huffington Post al caso della norma salva Berlusconi.

E, prima di presentavi l'articolo/analisi completo, sentiamo il prof. Reanto Ellero, che ha appena diffuso una sua nota sul caso, già senatore e ancora a conoscenza di tante "segrete cose" per contatti mantenuti con chi conta a Roma  e per conoscenza capacità di interpretazione di norme e comportamenti: «Non posso accennare a eventuali mie fonti, ovviamente, ma concordo con L'Huffington Post: l'articolo "incriminato" è l'articolo 19 bis e il bis vuol dire, da norme e procedure, che è stato inserito ex post dalla struttura di vertice del governo... Chiaro?».

Chiaro e limpido come l'articolo di Alessandro De Angelis che riproduciamo di seguito.

Per capire quale sia la “manina” o la “manona” che ha avuto mandato di scrivere la norma “salva-Berlusconi” occorre riavvolgere la pellicola del nastro al 20 dicembre, quando a palazzo Madama, nella notte, Forza Italia vota una sorta di salva-Renzi, consentendo cioè al governo di non andare sotto sulla legge di stabilità e poi di incardinare la legge elettorale secondo i desideri di palazzo Chigi. E poi occorre seguire il film fino al 24, quando – guarda caso dopo il consiglio dei ministri della salva-Berlusconi – i due contraenti del “patto del Nazareno” si sentono per telefono per gli auguri. Già, per gli auguri.

In mezzo, tra il 20 e il 24, c’è l’intervista di Berlusconi a Repubblica, in cui per la prima volta l’ex premier apre a uno di sinistra al Colle: “Il problema – dice – non sono le radici politiche. Ma che sia un presidente della Repubblica equilibrato, un garante”. Parole su cui arriva, pronto, il segnale di Renzi. Il quale la sera stessa, ospite da Fabio Fazio, chiede al Pd di non “ostacolare”. E poi al Messaggero rivendica l’inscalfibilità del Nazareno: “Berlusconi – dice Renzi – è stato decisivo nel votare convintamente nel 1999 Ciampi e nel 2013 Napolitano. Non vedo alcun motivo per cui dovrebbe star fuori stavolta”.

Fuori dalla proiezione del film, visibile per tutti e che in parecchi dentro il Pd stanno rivendendo in queste ore, ci sono le scene più “hard”, meno proiettabili. Perché fin qui, siamo alla dinamica politica che attiene il Quirinale e le riforme. Il non detto è il prezzo vero del Nazareno. Ovvero l’agibilità politica di Berlusconi. Sia Gianni Letta sia, soprattutto, Denis Verdini i cui contatti con Luca Lotti sono quasi quotidiani dopo la famosa notte del 20 assicurano a Berlusconi che Renzi è ben consapevole del “regalo” fatto da Forza Italia che, a sua volta, avrebbe mandato un “segnale”. “Segnale che arriverà” sono proprio le parole che usa l’ex premier per spiegare ai suoi l’atteggiamento morbido verso Renzi su ogni dossier e che spiegano quello che, anche nella cerchia ristretta, notano come un buon umore insolito tra Natale e Capodanno.

E qui siamo alla parte del film che va in scena nelle stanze del governo, dove prende forma “il segnale”. Raccontano oggi fonti del Tesoro che l’irritazione di Paodan e delle sue strutture è davvero tangibile. Perché hanno avuto l’effetto del classico sale sulla classica piaga le parole indirizzate da Stefano Fassina al Tesoro: “Non esiste che il ministro e il ministero si facciano infilare una norma del genere durante il consiglio dei ministri. Non è un dettaglio, quindi ci sono due possibilità. Il ministro era d’accordo oppure non se ne era accorto”. È la seconda che ha detto: non se ne era accorto. Semplicemente perché non poteva accorgersene. Chi ha parlato con il viceministro Casero in queste ore, visibilmente contrariato anche lui, è arrivato alla conclusione che la “norma salva Berlusconi” sia stata inserita nel testo a consiglio dei ministri concluso. E a consiglio dei ministri concluso una norma del genere può essere inserita solo dal dipartimento degli affari giuridici di palazzo Chigi con la copertura politica del premier. Ovvero da Antonella Manzione, ex capo dei vigili urbani di Firenze, la fedelissima che risponde solo a Renzi e Luca Lotti.

Dunque, il segnale “salva-Berlusconi” si è materializzato dopo la riunione del governo e prima dei contatti natalizi tra il premier e Silvio Berlusconi, approfittando - sussurrano i maligni - del fatto che i giornali non sarebbero usciti per due giorni. Anche perché, spiegano fonti del Tesoro, il testo originario in pre-consiglio era “perfetto” per tutti. E sarà forse anche perché ha fiutato l’irritazione del Tesoro che Renzi alla fine della giornata di ieri ammette che c’è una sua responsabilità. Proprio però nella gestione del caso in parecchi vedono un segnale inquietante da parte del premier: “La proposta tornerà prima in Consiglio dei Ministri, poi alle Commissioni, quindi di nuovo in Consiglio per l’approvazione definitiva entro i termini stabiliti dal Parlamento e cioè entro marzo 2015” ha fatto sapere palazzo Chigi. Significa che la discussione è sospesa e rinviata a dopo le elezioni del Quirinale. Anche questo è un segnale verso Arcore. Perché il cuore del Nazareno è l’agibilità politica di Berlusconi.


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