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Quale Europa dopo la Brexit? Alle Fornaci Rosse ne parlano Marco Furfaro e Brando Benifei

Di Francesco Battaglia Sabato 27 Agosto 2016 alle 23:38 | 0 commenti

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Nel secondo giorno del Festival Fornaci Rosse, Marco Furfaro di Sinistra Italiana e Brando Benifei parlamentare europeo del Partito Democratico si sono ritrovati a discutere della BREXIT e soprattutto del futuro dell'Unione Europea, a moderare il dibattito il giornalista Tommaso Quaggio di TVA Vicenza. Benifei, rispondendo alla domanda su quali saranno gli effetti della BREXIT, ma soprattutto sugli effetti che questa avrà sull'Europa di domani, ha detto che certamente il risultato del referendum in Gran Bretagna non è positivo, ma allo stesso tempo ha voluto chiarire alcuni aspetti circa tempi e modalità del processo di separazione.

Innanzitutto, a partire da un aspetto poco affrontato finora e che riguarda la Scozia e l'Irlanda, dove ha stravinto il Remain; Benifei a tal proposito riferisce che le popolazioni e i rispettivi premier di questi due paesi, facenti parte del Regno Unito, non sarebbero favorevoli all'uscita, prospettando addirittura un ipotetico referendum per la rimanenza in Europa, che farebbe allungare ulteriormente i tempi e le modalità di uscita.
Per quanto riguarda gli altri esponenti europei, da Marine Le Pen a Matteo Salvini, i quali continuano a professare un'idea di stati Europei singoli e separati uno dall'altro, li ha definiti retrogadi, come anche gli slogan ottocenteschi che quotidianamente professano, i quali – dice Benifei- sicuramente non sono perseguibili, ma rischiano di alimentare i processi destabilizzanti del processo rinnovativo dell'unione Europea.

Marco Furfaro, che si è detto comunque contrario all'uscita dal Regno Unito dall'Unione Europea e soprattutto al fatto che il sogno Europeo finisca nel nulla, ha spostato l'attenzione sulle cause che hanno portato al voto referendario sulla BREXIT e che rischia però di trascinare anche altri popoli all'idea di abbandonare
l'Europa e soprattutto, facendo molte critiche ai processi con i quali l'Europa è stata creata e portata avanti in questi anni.

Sulla questione inglese, Furfaro ha puntato il dito in primis contro
Margaret Thatcher esecutore iniziale di quelle politiche di austerity, introdotte nel corso della sua azione politica e portate avanti durante questi anni dai suoi successori alla guida della Gran Bretagna, austerity che ha inevitabilmente portato ad una ribellione del popolo inglese verso protocolli e parametri numerici che non tengono conto delle reali esigenze dei popoli e delle famiglie ma solo del rispetto di artifizi contabili. Da qui una chiara connotazione alle politiche di austerità che l'Europa a trazione Merkel continua a perseguire nell'illogica concezione che con il blocco della spesa pubblica la situazione economica possa migliorare. Furfaro rincara la dose verso quella austerità che oggi permette a personaggi come Salvini di poter fare incetta di voti e che rischiano addirittura di essere visti da tanti elettori, non solo della Lega nord, come ancora di salvezza e quindi soluzione ad una crisi finanziaria che ogni giorno tende alla demolizione non solo dello stato sociale, ma della speranza per il futuro delle generazioni a venire.

Concetti quelli di Furfaro condivisi anche da Benifei, il quale non nasconde che in più occasioni non si trova in linea con le scelte del suo partito, soprattutto per quanto concerne quelle scelte, dette anche da Furfaro, che non tendono a superare il divario tra interessi elettorali a breve periodo e interessi comunitari a lungo termine, che in sostanza sono il male oggi di un divario tra le esigenze reali della popolazione e parametri economici dettati da logiche economiche, volte a raggiungere i soli equilibri di bilancio.

Scelte su cui Furfaro è andato anche oltre, criticando aspramente il parametro del 3% imposto nei trattati Europei e venuto fuori nel trattato di
Maastricht da una folle idea di un consigliere di Mitterand, sulla quale oggi tanti economisti internazionali espongono pareri negativi e adducendogli di essere il generatore di politiche anti propulsive dei volani di sviluppo che dovrebbero veicolare appunto uno stato europeo moderno.
Parametri e trattati sui quali i due interlocutori convergono nel definire inopportuni e necessari di una imminente rimodulazione, ma consapevoli del fatto che affinché ciò avvenga è necessaria una presa di coscienza non solo delle forze politiche di un singolo Stato Europeo ma di tutti gli Stati dell'Unione, affinché il cambio di parametri che oggi limitano la possibilità di spesa pubblica, generando quell'incapacità improduttiva della piccola e media impresa e soprattutto della nuova impresa, intesa come nuova forza lavoro, a reagire e superare la crisi economica ancora in atto. Riforme dei trattati sui quali Furfaro infine ritiene che non debbano passare da riunioni di due o tre Premier alla volta, come nel caso della Ventotene dei giorni scorsi, ma tavoli di confronto a cui devono sedersi tutti gli stati facenti parte dell'Unione Europea.


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