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Lo sfogo di Galan: "sono innocente ma lascio la politica, è meschina"

Di Rassegna Stampa Mercoledi 22 Luglio 2015 alle 10:29 | 0 commenti

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Nel giorno in cui cessa di presiedere la commissione Cultura della Camera, Giancarlo Galan ha un pensiero per chi prende il suo posto — la Pd Flavia Piccoli Nardelli alla quale ha scritto che mai avrebbe pensato che «la nomina di un mio successore mi avrebbe dato tanta gioia» — e una enorme voglia di sfogarsi. Di dire la sua verità, da condannato con patteggiamento nel processo per le tangenti sul Mose per il quale continua a dichiararsi «totalmente innocente: mai preso una lira, mai compiuto un atto, una delibera in cambio di alcuna convenienza».

Nella sentenza che la condanna a 2 anni e 10 mesi di arresti domiciliari si sostiene altro.
«Una sentenza arrivata dopo una lunga detenzione, durante la quale non sono mai stato interrogato: ma forse non interessava conoscere il mio parere su dove potrebbe essere finito il fiume di denaro, oltre un miliardo, che si calcola sia sparito dal Mose...».
Lei è accusato di aver percepito per anni denaro illecito, di aver ristrutturato la sua villa a spese di imprenditori favoriti, di possedere quote di una società legata al Mose attraverso il suo commercialista come prestanome.
«Tutto falso. Quelle quote non sono mie. La costruzione della mia casa la fanno risalire agli anni dal 2008 al 2011, ma io già ci abito dal 2006, e spero davvero che si celebri il processo che vede imputato l’architetto che curò i lavori, così verrà fuori la verità. Infine, sullo stipendio da un milione: nessuno dice di avermelo portato, nessuno di avermelo dato, non ci sono tracce, nulla. E poi mancherebbe l’interesse ad agire: perché il Consorzio Venezia Nuova avrebbe dovuto pagarmi se nessun atto del Mose dipendeva da delibere o poteri della Regione?».
Ma se è innocente perché ha patteggiato?
«Perché in due mesi di carcere ad Opera, dove fui rinchiuso nonostante una gamba fratturata e una trombosi venosa profonda solo perché avrei potuto “reiterare il reato” con gente già in carcere e per fatti risalenti a tre anni prima, persi 20 chili per la sofferenza. Perché mi dissero che mi fecero capire che mi aspettava il giudizio immediato, ovvero altri sei mesi in carcere e poi probable condanna da scontare ancora in carcere. E, soprattutto, perché mia figlia di sette anni, con grave carenza cardiaca, credeva che io non tornassi a casa perché la odiavo. Ecco, per questo ho patteggiato».
Perché è rimasto presidente della commissione Cultura anche da condannato?
«Perché dal Parlamento mi sarei aspettato di essere tutelato. Avrei voluto che almeno mi ascoltassero, avrei potuto poter parlare loro e spiegare le mie ragioni prima che votassero per il mio arresto. Non potevo muovermi, ero malato. Non hanno voluto aspettare. Non chiedevo molto».
Cosa pensa dei suoi colleghi di FI?
«“Omissis” vale come risposta? No, sul serio... La politica è fatta di meschinità e grandezza. Io chiederò la revisione del mio processo, ma chiedo ai miei colleghi perché non si sono stupiti che in una vicenda grande come questa del Mose nessun esponente di peso della sinistra, nessun ministro, ma solo io e Matteoli siamo stati coinvolti. Verosimile?».
Berlusconi le è vicino?
«Diciamo che spero di sentirlo più vicino... So quanto anche lui abbia sofferto con la sua condanna, quanto abbia ancora a che fare con processi e accuse, ed è qualcosa che ostacola i rapporti, lo so. Ma ho passato 30 anni, metà della mia vita, accanto a lui».
In FI molti considerano lei, Scajola, Dell’Utri come cause di perdita di consensi.
«Ma certo, la débâcle di FI è colpa mia... E pensare che ci sono colleghi che con la loro vicinanza mi hanno anche sorpreso. Pochissimi del mio partito».
Tornerà alla politica?
«Mai, mai, mai per nessun motivo. Ho avuto tanto dalla politica, ho fatto cose per il mio Veneto che so che resteranno. Ma quando chi ti è stato vicino per anni non prova, nemmeno per anticonformismo, a sollevare un dubbio, capisci quanto brutta e meschina possa essere la politica».
di Paola Di Caro dal Corriere della Sera

Leggi tutti gli articoli su: Giancarlo Galan, Mose

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