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L'illusione economicistica: la lezione di Luigi Einaudi e del vicentino Mario dal Pra

Di Italo Francesco Baldo Sabato 25 Ottobre 2014 alle 11:15 | 0 commenti

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Da ormai sei anni siamo nella crisi più grave che ha colpito il sistema capitalistico e finanziario. Nonostante i reiterati tentativi di "trovare", quasi si trattasse di un tesoro, la soluzione e fornire ai cittadini di tutto il mondo nuovi orizzonti e ciò con la segreta speranza che tutto torni "come era prima". Non passa giorno che non si affacci sulla scena un nuovo aspetto della crisi, magari condizionato, in queste ultime ore, dalla paura, non infondata, che possa verificarsi una pandemia.

Gli uomini politici cercano ed inventano soluzioni che dicono originali, ma nessuno in realtà vuole "perdere" i cosiddetti diritti acquisiti, anzi a questi se ne aggiungono addirittura dei nuovi. Nessuno intende rinunciare e se si tratta di pagare "è meglio che paghi tu".

Quel "Tu" però non intende e in una farsa continua sembra non esserci rimedio alcuno. Se il governo taglia, le Regioni anziché provvedere ad opportuni risparmi, partendo dalle prebende di Consiglieri e Assessori, Capi di gabinetto, funzionari, enti e finanziamenti talora non sempre veramente necessari, preferiscono aumentare la già ponderosa tassazione. Tutto ciò in un vortice di accuse reciproche che non lascia nulla di bene da intravedere.
A livello locale, Comuni e Province, la situazione non cambia, anzi tende anche a far scatenare risse personali o svariati inciuci che mettono insieme ciò che per natura e per arte non potrebbero stare sotto lo stesso tetto, ma si sa che vanno di moda vari tipi di unioni.

Potenza degli accordi di inciucio e piena dimostrazione di quello che sostiene il movimento di Beppe Grillo, che tutto sia solo spartizione tra i politici. Ma lui stesso quanto a volontà di spendere denaro pubblico non è certo inferiore a quella che affascina, nell'illusione di risolvere i problemi, i politici in genere.

Costoro hanno ben dimenticato che l'arte di governare si chiama buona amministrazione e che a livello locale non sono le ideologie di paese ma la capacità amministrativa ad essere determinante e questo non si riduce al circenses e o continue interviste, magari su giornali di pettegolezzi vari, dove far catturare con foto, forse (?) concordate, le proprie faccende amorose.
E' vero che non si può fare a meno della politica, ma di tanti politici senz'altro.
Il tempo del cambiamento dovrebbe incalzare e costringere a prendere decisioni importanti, ma tutto dipende, si dice, dall'economia. Risolto questo problema, tutto andrà bene, sehr gut e se le costruzioni andranno, tutto andrà.
Nessuno va a fondo della crisi per individuare le profonde ragioni. A questo proposito vale la lezione di Luigi Einaudi (1874-1961), grande economista che durante il secondo conflitto mondiale e in un anno particolarmente difficile ben affermava: "Chi cerca rimedi economici a problemi economici è su falsa strada; la quale non può che condurre se non al precipizio. Il problema economico è l'aspetto e la conseguenza di un più ampio problema spirituale e morale" (L. Einaudi, Economia di concorrenza e capitalismo storico. La terza via fra i secoli XVIII e XIX, in "Rivista di storia economica", giugno 1942.)
La crisi non è solo economica, è crisi di una visione e di un'immagine dell'uomo, di un uomo ridotto a solo homo oeconomicus. Questa visione, tanto cara alle sinistre italiane e non solo, ritiene che la struttura economica risolva ogni cosa. Forse non è proprio così. Nel dibattito successivo al secondo conflitto mondiale, i padri costituenti non ridussero lo Stato Italiano, come l'URSS, a un problema solo economico e politico, ma premisero a questo i Rapporti Etico-Sociali, ben sapendo, anche tra i capaci comunisti di allora, che solo una visione d'insieme avrebbe consentito il superamento della crisi postbellica, dove tutti si rimboccarono le maniche e non si aspirava solo a vantaggi e posizioni.
Saremo capaci di costruire una nuova Italia, superando gli appetiti e gli egoismi e un pensiero solipsistico? La via che personalmente intravedo, è quella di un ripensamento intelligente della dimensione spirituale e morale dell'umanità, lo sosteneva anche Mario dal Pra (1914-1992), il filosofo vicentino che divenne partigiano, nel 1943 in "Ordinamenti economici e coscienza morale". La sua riflessione di quegli anni considerava che solo un pensiero orientato alla dimensione spirituale e morale potesse dare, di là delle istituzioni anche ecclesiastiche, nuova vita agli italiani, che potrebbero diventare, se intraprendessero questa strada, quegli umanisti che tanto insegnarono al mondo il valore, non economico, dell'uomo.

N.B. L'autore di questa riflessione, che spesso ospitiamo come nostro opinionista, è Presidente di "Impegno per Vicenza"

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