Quotidiano | Categorie: Chiesa

ICI dalle scuole paritarie: un tesoretto da 120 mila euro all'anno. Il Comune li chiederà alla chiesa?

Di Pietro Rossi Mercoledi 12 Agosto 2015 alle 21:24 | 0 commenti

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Per adesso la polemica si è chetata con le ferie d'agosto ma di sicuro la discussa pronuncia della Cassazione sulle scuole religiose di Livorno - che rischiano di dover pagare l'Ici - si riaccenderà a settembre. Nel frattempo siamo andati a fare un po' i conti in tasca sulla situazione locale, per cercare di capire che gettito avrebbe il Comune di Vicenza nel caso in cui le paritarie dovessero sborsare. IIl risultato è un "tesoretto" ipotetico di 120mila euro all'anno ma, visto che il giudice decide caso per caso, difficilmente il Comune pretenderà qualcosa dalla Chiesa. Meglio rinunciare al vil denaro o all'eterno perdono?

Il Comune di Vicenza ci ha risposto che "Per quantificare l'ipotetico gettito che andrebbe al Comune per le scuole paritarie, sono state considerate le scuole classificate in categoria catastale B/05 (scuole e laboratori scientifici) di proprietà di soggetti diversi dal comune di Vicenza. In base a questo calcolo, l'ipotetico gettito sarebbe di circa 120.000 euro".
E se da una parte la Cei e i vescovi sono insorti, appoggiati dal Governo che nelle scorse settimane ha dichiarato che è pronto a inserire una norma di chiarimento nella prossima legge di stabilità per sancire che le scuole paritarie non devono pagare l'Ici/Imu/Tasi, dall'altra i Giudici della Cassazione hanno chiarito che la sentenza non è una regola generale, ma il giudice decide caso per caso.
E se il Comune di Livorno, i cui abitanti nella cultura popolare italiana sono storicamente considerati dei "mangiapreti", ha "osato" chiedere i soldi alla Chiesa, cosa farà il Comune di Vicenza, i cui abitanti, al contrario, sono storicamente considerati dei "mangiaparticole"? C'è da scommettere che le paritarie di Vicenza non correranno nessun pericolo e non avranno nemmeno bisogno della "pezza" del Governo. Palazzo Trissino difficilmente chiederà al potere ecclesiastico di aprire i cordoni della borsa. In fondo, è meglio rinunciare al "tesoretto" di 120 mila euro piuttosto che rischiare la scomunica, sia religiosa che politica.


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