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Eschilo per le Euripide scale che qui si Sofocle... a Vicenza

Di Citizen Writers Martedi 25 Agosto 2015 alle 10:42 | 0 commenti

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Riceviamo da Italo Francesco Baldo e pubblichiamo
Negli anni Settanta del secolo scorso venne di moda per gli intellettuali che si occupavano di teatro, la trasgressione a tutti i costi. Esempio massimo fu Carmelo Bene che esibì pubblicamente le proprie pudenda a Roma. Così facendo diede il via, insieme a Cesare Zavattini che pronunciò alla radio il termine  che tutto doveva sdoganare.

Fu così per diverso tempo, lo Stato finanziava e gli attori incassavano i sussidi che interessati ministri elargivano a piene mani. Il teatro sperimentava, la musica pure, cfr. Prometeo, Tragedia dell’ascolto di L. Nono con una scenografia da favola e costosissima. A Roma Memè Perlini alla Piramide esibiva spettacoli per un pubblico pagante, dopo la prima sera per invitati, di ben quattro spettatori, giusto per poter fare borderò SIAE e accedere, esibendone molti, al finanziamento ministeriale. Il vanto italiano, il cinema, fu un susseguirsi di pellicole di propaganda. Se guardate i film dell’epoca non mancava mai la  politicamente corretta citazione della falce e martello, ripresa anche recentemente ne La  grande bellezza, all’inguine di un’attrice.
Accanto a questo sperimentalismo però continuava la grande tradizione con spettacoli degni e non piegati artificiosamente allo sperimentalismo che diventava sempre più di maniera, ovvero facciamo sempre di più, come la macellazione, facendo teatro del mattatoio, di un cavallo a Santarcangelo di Romagna il 25 luglio 1985  a cura della Compagnia Magazzini criminali e altre amenità del genere.
Con la crisi del 1992 molto sperimentalismo cadde, in altre parole non c’erano più finanziamenti o “trippa per gatti”, ma di questo non erano certo immuni nemmeno gli altri paesi europei e  ha continuato in nicchie la sua strada,  talora osannato anche dai critici, che si destano solo quando vi è qualcosa di “facciamolo strano”. Nei teatri la sperimentazione è continuata, ma sempre più assomiglia a ipsismi di maniera, dove si cerca l’effettaccio per suscitare almeno un po’ di riprovazione. In realtà dello sperimentalismo del secolo corso non è rimasto quasi nulla. Chi ha dato novità allo spettacolo, L. Visconti, V.De Sica, G. Strehler, L. Ronconi, M. Scaparro e altri con attori di grandissima levatura, rimane come insegnamento e importante . Vi sono poi gli eredi dello sperimentalismo, che godono più facile gloria nelle piccole realtà, che , temendo di essere considerate “provinciali”, si buttano a capofitto nelle “novità dette sperimentali”, trascurando anche ciò che le rese famose, gli spettacoli classici.
E’ quanto accaduto a Vicenza negli ultimi sei anni; una ricerca affannosa di esibire le novità, l’eccezziunale veramente, come quando i ragazzi cercano di trasgredire, ma alla fine pasticciano.
La sperimentazione è importante e fornisce, come nella scienza, risultati  significativi, ma non è mai fine a se stessa.  A Vicenza  purtroppo la stagione di spettacoli classici si è ridotta ad un richiamo da cartellone. Gli spettacoli prodotti che segno hanno lasciato?  Non certo quello di cui fu protagonista Irene Papas e tanti altri. A fatica  ci si può ricordare di una lectura Dantis in lituano e non in lingua swahili, che oggi forse  nella città del Palladio è più conosciuta.
Infine se si critica, ecco l’accusa che si crede infamante: sei antico, se tradizionalista, sei per il “vecio”; noi invece alfieri del nuovo...lasceremo solo le spese. 
L’orizzonte ipsistico dello sperimentalismo è di casa a Vicenza, mentore lo stesso Comune che spende e molto. E’ l’attimo fuggente del piacere, tanto immaginato che poi all’atto si rivela poca cosa. Ai responsabili  della gestione di ciò che  vien detto culturale a Vicenza piace proprio questa manipolazione, che però  li fa diventare “ciechi” e poco rispettosi di quel valore che la cultura porta con sé e che non si  realizza nell’orizzonte di un boudoir.

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