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Carrocci, carrozze e carrozzoni. La politica in Veneto al tempo di re Luca II

Di Pietro Rossi Lunedi 1 Giugno 2015 alle 23:49 | 1 commenti

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Per dare il senso del fallimento epocale del Partito Democratico in Veneto, con una campagna fatta a sorrisi durbans, a pennellate di photoshop e a liste tipo raduno scout o coro da canto gregoriano - nelle quali entrava ogni specializzazione - basta vedere il risultato di Luca Zaia e Alessandra Moretti a livello provinciale. A Vicenza, suo luogo di nascita, Alessandra Moretti ha registrato il peggior risultato in Veneto dopo Treviso, patria di Zaia e posto in cui il riconfermato presidente ha avuto più preferenze, seguito a ruota da Vicenza.

Per lei non ha funzionato il tour a metà tra "Fra" Veltroni e "Mister Yes We Can" Obama, come non è servito a niente il tentato (falso) svecchiamento della politica con webcam in auto, twitter e apparizioni mediatiche.

I giovani - ma non solo - se ne sono fregati alla grande del panem et circenses con spritz e musica in piazza. Mai affluenza al voto è stata così bassa negli ultimi anni in Veneto: - 6 % rispetto alle europee dello scorso anno e - 9% rispetto alle regionali del 2010. Il vero popolo del dissenso è proprio quello del non voto, un partito del 43% che in molti hanno chiamato "indoveroso", senza magari specificare che i doveri arrivano dove magari i diritti sono tutelati in maniera più chiara che non con l'uso abituale della propaganda. La campagna elettorale di quest'anno è stata fatta lasciando fuori dalla porta i programmi e, in particolare per quanto riguarda la sfida Zaia-Moretti, diciamo che la parte del leone l'ha fatta il primo, nel senso che è rimasto nella sua caverna a guardare mentre la seconda lavorava per lui.
Il carrozzone di Moretti e il carroccio di Zaia. In entrambi è saltato a bordo di tutto, anche se quella della candidata Moretti si è rivelata una carrozza nella quale lei da sola è andata incontro al mattino di ieri come una cenerentola nostrana. Colpa della politica che raccatta ogni passeggero perché, sia chiaro, si blatera di bipolarismo e compattezza ma poi olè, venghino siore e siure, c'è posto per tutti. Anche dove si è piccoli si cerca di allargare le braccia. Come è successo alla lista dell'avventuroso Flavio Tosi, che si è piazzato al terzo posto, ex aequo con Jacopo Berti. E onore al merito per il Movimento 5 Stelle, partito in solitaria, con una campagna elettorale al risparmio e approdato per la prima volta nell'emiciclo di San Marco sfornando un risultato che in una Regione come il Veneto non era per niente scontato. A ben guardare, però, tutti - a parte la vecchia politica poltronara - hanno perso e tutti hanno vinto. Come sempre, insomma.
Andando a un po' di statistica, che consola sempre perché l'elettorato di oggi è bandierina più che mai e basta urlare forte o seguire il venticello da mercato per cambiare sponda o non votare, vediamo un po' di numeri. L'alleanza di Centro Destra in Veneto (Lega Nord + Pdl) alle regionali del 2010 era arrivata a prendere il 60,15%, in questa tornata perde per strada ben 10 punti, mentre il Pd, rispetto alle precedenti regionali, ne perde 7 (e quasi esclusivamente per il "fuoco amico" sulla Moretti).
In Veneto l'unica anomalia si è registrata lo scorso anno, quando persino gli industriali tri-veneti, da sempre di centro-destra, tifano per Renzi: moderato, idee chiare e chissà che magari non si possa fare qualche altro soldino, visto che con Galan era meglio non essere più associati. E così ecco il 37,5% alle europee, il miracolo veneto.
Con Renzi eroe e la Moretti eroina dem pronti alla presa del fortino leghista. Una Moretti della quale adesso in molti chiedono la testa, quando non si capisce se la testa l'abbia persa qualcuno prima di candidarla oppure lei a candidatura avvenuta, o se tutto sia stato semplicemente un "errore tattico". Molti, troppi veleni nel Pd appena è spuntato il suo nome per la Regione. D'altra parte, cosa avreste fatto voi? Nel 2014, con una valanga di preferenze, ben 230 mila, è stata la più votata a Nordest. "Scaldar la carega", come si dice in dialetto veneto, è un'attitudine che non ha mica inventato lady(dis)like. E ora nelle camere caritatis del Pd si parla di una Alessandra Moretti che è tutto meno il sorriso accomodante e un po' triste per la sconfitta che mostra in video. Arrabbiata a morte sia con i suoi, a cominciare dal segretario regionale, che - dicono fonti del Pd - anche con Matteo e con gli spin doctor della Dotmedia che il premier le ha "prestato", Ale proprio non se l'aspettava una debacle di tale portata.
Adesso che la sua carrozza si è trasformata in una zucca, la sfida per lei sarà di combattere i veleni interni perché, in ogni caso, c'è il problema se a lei si può o meno ricondurre, da domani, la guida del Pd Veneto. La risposta non sembra essere troppo difficile ma solo nei salotti ipocriti esistono i capri espiatori, tanto più per un ente, come quello regionale, in cui la maggior parte delle decisioni riguardano la sanità (e andiamo a vedere come sono messi gli ospedali e l'assistenza al di là della propagsnda?). In un ente pure lui carrozzone in cui più di 10 mila euro di stipendio per consigliere sembrano sinceramente eccessivi. Eccessivi per tutti. In questo gioco forse Alessandra andava bene solo lontana dall'Italia, a Bruxelles. Oppure, più probabilmente, Renzi, in un anno, è riuscito a rottamare un partito. Il suo, che in Veneto stava riprendendo fiato.


Commenti

Inviato Martedi 2 Giugno 2015 alle 11:50

Analisi profonda e dettagliata. Bene. Resta tuttavia, per il PD cittadino e PROVINCIALE il DOVERE di dimettersi, andare ad un Congresso anticipato aperto a TUTTI e domandarsi perchè a Vicenza il PD ha toccato la "gola" profonda del 16%. La morale, per chi ci crede e l'Etica politica dovrebbero far capire ai vari capetti comunali che hanno concluso il loro....cammino. Amen, una prece.
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