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Forse mollo il Cda! Se la BPVi è l'uva, la volpe sarebbe Giuseppe Zigliotto? Ma va là...

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Giovedi 9 Luglio 2015 alle 23:50 | 0 commenti

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Il presidente di Confindustria Vicenza, Giuseppe Zigliotto, dal 2003 membro del Cda della Banca Popolare di Vicenza, in cui è stato anche componente del Comitato Esecutivo, prima che lo "sostituisse" l'ex presidente Roberto Zuccato, ora al vertice di Confindustria Veneto, di cui è "sodale" anche in Ares Line, noto produttore di sedie e poltrone, oltre che in Assindustria e Popolare, ha rilasciato oggi un'intervista a Davide Pyriochos su VeneziePost, che riportiamo di seguito e in cui minaccia (sigh!) di dimettersi dalla sua poltrona in Via Btg Framarin per colpa della... BCE.

Se Zigliotto dal 2003 ha vissuto e condiviso le decisioni sui continui rialzi d'ufficio del valore delle azioni ora evidentemente non intende assumersi la responsabilità del primo tonfo delle azioni, conseguente e inevitabile dopo quelle decisioni inaccettabili non solo dalla BCE ma dal mercato (e non ci fa piacere per i risparmiatori vicentini ricordare come noi, da soli a Vicenza, lo avessimo previsto da tempo...).
Il "taglio" del valore deciso nell'ultima assemblea, con Zigliotto in Cda, prelude al secondo quando, per renderle "liquide", il nuovo Ad, Francesco Iorio, ha convinto il Cda, di cui l'ineffabile presidente di Confindustria ancora fa parte, a quotarle in Borsa, primo passo, magari, anche per una loro rivalutazione in base ai risultati che la "nuova gestione" saprà conseguire.
Giuseppe Zigliotto è anche quel signore che sulle pagine de Il Giornale di Vicenza, la voce di proprietà di Confindustria Vicenza, blaterava contro il complotto dei giornalisti de Il Corriere della Sera e, addrittura, dei colleghi del sempre confindustriale Il Sole 24 Ore, ma di certo ben più prestigioso e credibile del foglio locale, a cui non ha di certo giovato avere come interlocutore per conto della proprietà proprio il nostro Pino.
In quell'attacco alla stampa che osava criticare le decisioni dei vari Cda donzigliottesci il membro dal 2003 della sala di comando della Popolare esortava, quindi e ancora, i risparmiatori e gli imprenditori, molti dei quali nella sua Confindutria, a comprare azioni della BPVi aderendo agli ultimi aumenti di capitale finiti nel mirino delle autorità bancarie e per i quali ad oggi hanno pagato gli azionisti e, ai vertici, solo l'ex Ad Sorato.
Ora se qualcuno ripensa alla favola di Esopo sulla volpe che, dopo aver cercato invano di cogliere qualche alto grappolo d'uva, ci rinuncia sostenendo come Pino(cchio) che l'uva sarebbe acerba, e se, dopo averla ricordata, osa paragonare l'uva alla banca, io ci posso anche stare: l'uva è alta di sicuro, ma anche acerba, ma potrà migliorare per essere colta in futuro con tanta, tanta pazienza.
Ma se quel qualcuno prova ad associare all'immagine della volpe quella di Giuseppe Zigliotto, che prima che qualcuno giustamente lo rimandi magari a rifare poltrone in Ares, dice "me ne vado!", eh no, io non ci sto!
Zigliotto una volpe?
Ma va là... 
 
Il direttore
 
 

«La Bce sta uccidendo le Popolari». Zigliotto valuta dimissioni da BpVi


Il presidente degli industriali Berici, consigliere in Pop Vicenza, è molto critico verso Francoforte: «Concedere credito alle pmi è diventato peccato mortale». Contesta anche la decisione di BpVi di quotarsi in Borsa: «Una scelta imposta dall’alto, con tempi e modi sbagliati»
«Tutto ciò che io dico, lo dico a nome degli industriali di Vicenza, non in nome della Banca Popolare di Vicenza di cui sono un semplice consigliere e che pertanto non rappresento. È chiaro questo?». 
Chiarissimo. Ebbene: che dice? Come valuta la decisione di BpVi di quotarsi in Borsa?
«Si tratta di una scelta imposta dall’alto, decisa dall’attuale vigilanza, che mi pare abbia come obbiettivo quello di omogeneizzare il sistema finanziario europeo, costringendo tutte le banche a uniformarsi a un modello finanziario speculativo, che nega alla radice la natura delle banche commerciali. La questione non riguarda solo Vicenza, ma anche Montebelluna, Verona e tutte le popolari italiane. Stanno lasciando le aziende prive delle banche di riferimento e mi meraviglia che la politica non comprenda dove ci porterà la distruzione del nostro modello, quello che nei decenni ci ha permesso di costruire le casse di risparmio, le banche popolari, le casse rurali». Giuseppe Zigliotto, presidente della territoriale Berica di Confindustria, è un fiume in piena. Il nuovo corso della Popolare di Vicenza non gli piace: «Valuto di dimettermi», dice. E soprattutto è preoccupato per gli effetti di lungo periodo che queste decisioni avranno sul tessuto delle pmi: «Costringono le imprese a cercare credito solo presso banche piccolissime. E costringono le banche che erogano credito alle imprese a restare nane. Ma i nani, si sa, al primo soffio di vento volano via».
Presidente, davvero sta valutando di rassegnare le dimissioni dal cda della Popolare di Vicenza?
«Io non voglio fare lo Schettino. Non voglio abbandonare la nave prima di avere tentato tutto il possibile per salvare l’equipaggio. Proverò a difendere l’interesse dei soci e delle imprese per quanto mi sarà possibile. Ma se la logica è questa, se la Bce ha deciso di uccidere le banche popolari, il nostro modello di banca, quello che ha fatto crescere e sviluppare la nostra economia, se ogni resistenza sarà inutile, allora dovrò trarre le conseguenze».

La strada della Borsa non è una scelta autonoma del Cda di BpVi?
«Di scelte autonome oramai ne vedo poche. Vedo invece un organo di vigilanza che ci obbliga a prendere una certa strada in cui personalmente non mi riconosco. Posso anche comprendere le ragioni del loro punto di vista, ma non sono quelle del nostro territorio. Addirittura ci è stato impedito di scegliere l’amministratore delegato».

Voi volevate Divo Gronchi?
«Io non ho nulla contro Francesco Iorio che è un’ottima persona, ma sono molto preoccupato di fronte all’invadenza di una Bce che non solo ci impedisce di richiamare in banca un ex manager stimato da tutti, ma che addirittura cala dall’alto quest’imposizione in modo informale, senza documenti scritti, facendo arrivare il messaggio che la scelta non sarebbe stata gradita».

Non pensa che le ricette della Bce rafforzeranno BpVi?
«Al contrario: penso che uccideranno i nostri territori. Qual è il peccato mortale che viene imputato alla Popolare di Vicenza come a tutte le altre popolari? Il fatto di avere sostenuto l’economia locale. Ci viene indicato come modello di virtù quello di una Deutsche Bank che non solo ha avuto enormi problemi di management, ma che in occasione degli stress test non era nemmeno in grado di valutare la propria esposizione in derivati. Però ci viene detto che quello va bene, che la finanza speculativa è redditizia e permette alle banche di liquidare le posizioni da un giorno all’altro, mentre invece i finanziamenti alle aziende sono il male, perché è più difficile liberarsene, e fanno realizzare guadagni minori. La conseguenza è che le grandi banche come Intesa e Unicredit, ma anche il Banco oramai è in mano a BlackRock, possono dare soldi solo alle aziende piene di soldi. Le popolari sono costrette ad adeguarsi allo stesso modello unico, e le imprese che hanno progetti di sviluppo ma che necessitano di finanziamenti potranno rivolgersi solo a banche che resteranno eternamente nane. Questo è il piano della Bce».

Teme un danno all’economia veneta?
«Direi proprio di sì. Come mai questa è l’unica area del Paese che sta ripartendo dopo la peggiore crisi di sempre? Perché abbiamo avuto banche che sono state capaci anche nei periodi peggiori di scommettere nelle imprese. Ed ora queste banche sono costrette ad adeguarsi a un modello che rende impossibile continuare a finanziare le pmi».

La Borsa però renderà di nuovo liquide le azioni BpVi. Non è un bene questo?
«Anche quando avevamo un fondo acquisto azioni proprie i titoli erano liquidi. Poi è arrivata la Bce che ci ha bloccato il fondo, nessuno ha più potuto scambiare i titoli, e ora ci dicono che la Borsa è l’unica soluzione. Io poi non critico in assoluto la strada della Borsa, tante popolari sono quotate. Però critico tempi e modi dell’operazione. Non è una libera scelta nostra andare oggi in Borsa, con un mercato che valuta le popolari a multipli bassissimi, dopo sette anni di crisi nera, dopo operazioni pesantissime di pulizia dei bilanci, e senza alcun sostegno legislativo che renda la quotazione vantaggiosa. È come prendere un paziente appena uscito dal coma, e obbligarlo a fare la maratona. L’effetto è che il paziente muore».

La Popolare di Vicenza rischia di morire?
«La nostra situazione assomiglia in qualche modo all'atteggiamento degli speculatori verso la Grecia. Alla Grecia conviene il default? No. Ai creditori conviene il default? No. A chi conviene il default? A chi ha i soldi, e dopo il default si comprerà la Grecia a prezzi di saldo. Con la quotazione non ci sarà nessun vantaggio immediato né per la banca né per i soci, su cui cadranno i costi dell’operazione. Il vantaggio sarà per chi verrà dopo a fare shopping. Stiamo svendendo il nostro sistema finanziario agli stranieri, ed è incredibile che la politica non capisca quali rischi stiamo correndo».
di Davide Pyriochos da VeneziePost


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