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Superpopolare, poli in azione: troppe perdite per restare soli

Di Rassegna Stampa Lunedi 16 Febbraio 2015 alle 10:50 | 0 commenti

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Le nove banche popolari oggetto dell’attenzione del recente decreto Renzi (sono in verità dieci, ma la Popolare di Bari, la più piccola per dimensione, non ha ancora comunicato i risultati di chiusura), hanno cumulato nel 2014 una perdita complessiva di 3.767 milioni di euro.

Rosso Hanno chiuso in rosso il Banco Popolare (1.945 milioni), Ubi (726), Veneto Banca (650), Popolare di Vicenza (497), Credito Valtellinese (325), con un cumulo di perdite che ha raggiunto i 4.143 milioni per questi cinque istituti. A detta cifra, enorme, vanno sottratti gli utili della Popolare di Milano (232 milioni), della Popolare di Sondrio (115), della Bper (29).

Ed ecco il totale, superiore ai 3,7 miliardi di euro. Per l’universo delle popolari è il secondo colpo da ko dopo il decreto Renzi di metà gennaio, che impone la trasformazione in Spa a chi ha attivi tangibili superiori agli otto miliardi di euro. Partendo da queste premesse, il progetto della creazione di una «Superpopolare del Nord» non è conseguenza diretta, ma interessante opportunità. Le dimensioni sono un fattore qualificante sui mercati finanziari, consentono razionalizzazioni ed economie di scala. Il principio della «mutualità prevalente», che governa le piccole Banche di credito cooperativo è del tutto marginale in grandi gruppi bancari da centinaia o migliaia di sportelli. Unire le forze, rinunciando a bandiere e campanili, può rappresentare una prospettiva di ammodernamento dello stantìo e autoreferenziale mondo delle popolari. L’occasione, per certi versi, è unica.

Attrazioni Nonostante abbia chiuso con oltre 700 milioni di rosso, a causa di pesanti svalutazioni sugli avviamenti iscritti a bilancio, uno dei più solidi poli aggreganti potrebbe essere quello di Ubi. La banca guidata da Victor Massiah è già da più parti indicata come la possibile partner del Monte dei Paschi di Siena. Che però, giorno dopo giorno, diventa un boccone troppo indigesto per chiunque al punto da coinvolgere, nel suo salvataggio, anche le finanze pubbliche. Ubi potrebbe essere interessata alle attività a Nordest del Montepaschi (l’ex Antonveneta) o a dirimere la decennale rivalità tra Veneto e Vicenza, che proprio venerdì ha riconosciuto a Samuele Sorato il grado di consigliere delegato. Le due banche, che hanno sede a poche decine di chilometri l’una dall’altra e condividono una larga platea di soci, sono all’anno zero: con alle spalle periodi di crescita straordinaria e alcune brusche frenate, cosa decideranno di fare del loro futuro? Un altro possibile polo aggregante è la Popolare di Milano. È vero che, per ora, Giuseppe Castagna si gode la rimozione degli add-on (che furono imposti dalla Banca d’Italia all’epoca della presidenza di Massimo Ponzellini), l’utile a bilancio e il ritorno dopo quattro anni al dividendo. Ma è anche vero che, in una logica di sistema, un passo verso Nordest per la Bpm potrebbe avere senso, sia verso la Veneto che verso la Vicenza. In alternativa, rispunta un progetto legato all’Investindustrial di Andrea Bonomi, che della Bpm fu presidente e che oggi pare interessato ai destini della genovese Carige. E mentre da più parti si torna a sottolineare l’opportunità di creare un’unica banca per la Valtellina (PopSondrio+Creval avrebbero 60 miliardi di attivi tangibili e circa 3 miliardi di capitalizzazione), dall’altra si guarda al Banco Popolare come residuale protagonista. A Verona hanno archiviato il 2014 con 2 miliardi di perdite, dovute soprattutto a una pulizia di bilancio che i mercati hanno mostrato di gradire (+4,55% in Borsa il giorno dopo l’annuncio), ma ora, dopo tanto patire, gli azionisti del Banco si attendono un cambio di marcia.

di Stefano Righi, da Corriere Economia


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