Parole come macigni. Lingua italiana sessista?
Domenica 8 Marzo 2015 alle 18:34 | 0 commenti
 
				
		8 marzo, un'occasione per ricordare solennemente le conquiste sociali, economiche e politiche delle donne nel mondo. Conquiste sì, perché le donne, semplicemente perché donne, da sempre si attivano con impegno, sforzo e sacrificio per ottenere riconoscimenti o diritti, già in capo alla persona, ma non alla donna. Rifletto, per esempio, sul linguaggio e sul suo utilizzo nella quotidianità , che può diventare discriminatorio.
Perché non vengono utilizzate le declinazioni femminili per ruoli di  alto profilo, soprattutto nel mondo del lavoro? E' vero, le donne fino a  non molti anni fa erano escluse da determinate professioni, ma oggi, in  parte superati quegli ostacoli di fatto, le resistenze nell'utilizzo  dei termini declinati al femminile sono ancora forti e rappresentative  di una posizione, scelta o inconsapevole.
Quanto siano importanti  le parole lo sa bene chi con la parola ci lavora: possiamo limitarci a  descrivere l'esistente, possiamo trasmettere saperi incontaminati o  possiamo contribuire a costruire opinioni o a rafforzare stereotipi  culturali.
Interessante, a tal proposito, è il processo di revisione  al quale molte amministrazioni pubbliche hanno sottoposto la  documentazione in uso nei loro uffici, «sostituendo i nomi di  professioni e di ruoli ricoperti da donne declinati al maschile con i  corrispondenti femminili, assessora, sindaca, segretaria/direttrice  generale e l'articolo la davanti a dirigente, e abolendo il maschile  inclusivo e la sua sostituzione con le due forme, maschile e femminile».
E'  quanto si legge nelle Linee guida per l'uso del genere nel linguaggio  amministrativo di Cecilia Robustelli, un progetto svolto in  collaborazione con l'Accademia della Crusca.
«Le si chiami ministre e  non ministri» - aveva detto anche Giorgio Napolitano in un discorso,  altrimenti il rischio, come espresso da Laura Boldrini qualche giorno  fa, è che si possano creare, attraverso il linguaggio, situazioni  paradossali, ancor più imbarazzanti, come: Il ministro è incinta!    
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