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Nuovi stress test, Bolognini: la verità fa bene, il caso BpVi lo dimostra

Di Rassegna Stampa Mercoledi 15 Luglio 2015 alle 21:57 | 0 commenti

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Le banche italiane intanto lamentano la severità delle nuove norme di classificazione dei crediti. Bolognini invece le difende: "La verità fa bene anche se costa, e il caso BpVi lo dimostra"

Che il mondo finanziario sia al centro di una tempesta mai vista in precedenza è noto da anni, ma per le banche italiane il prossimo choc ha ora una data: gennaio 2016. 

La Eba, autorità bancaria europea, ha infatti annunciato che nel primo trimestre del prossimo anno saranno condotti i prossimi stress test sulla solidità patrimoniale delle banche. Come fossero andati i precedenti è impossibile da dimenticare: il Banco Popolare a Verona ha superato bene i livelli patrimoniali perché già negli anni precedenti aveva varato pesantissimi aumenti di capitale, mentre BpVi e VB si sono trovate pericolosamente vicine ai livelli minimi e ora Vicenza ha già annunciato un nuovo aumento di capitale così pesante da costringerla a quotarsi in Borsa, e per Montebelluna la sorte potrebbe essere non troppo dissimile. Ma questa insistenza del regolatore per un patrimonio a prova di bomba sta danneggiando l’economia e provocando un credit crunch, nonostante le misure non convenzionali della Bce per aumentare la massa monetaria? Le banche italiane lo denunciano da tempo, e ora forse se ne accorgeranno anche in Europa.

La Commissione europea ha infatti avviato una consultazione pubblica sugli effetti di queste norme più severe introdotte sui requisiti patrimoniali delle banche, allo scopo di verificare se abbiano avuto conseguenze sui prestiti alle piccole imprese e sul finanziamento di progetti infrastrutturali. Una consultazione che si chiuderà il prossimo 7 ottobre. «Il finanziamento bancario – ha detto oggi il commissario per la stabilità finanziaria, Jonathan Hill, spiegando l’iniziativa – è fondamentale per l’economia e tale resterà, sia per i prestiti alle piccole imprese che per i finanziamenti degli investimenti infrastrutturali a lungo termine. Oggi occorre chiedersi se le norme non abbiano avuto effetti indesiderati».

La Commissione tuttavia parte dalla considerazione che il regolamento e la direttiva sui requisiti patrimoniali siano misure utili, perché hanno ridato capacità di reazione agli choc e stabilità alle banche europee, ripristinando la fiducia nel settore. Il regolamento europeo, pur prevedendo requisiti patrimoniali più severi, impone alla Commissione di verificarne l’impatto sui prestiti alle persone fisiche e alle piccole imprese e sul finanziamento a lungo termine delle infrastrutture. Gli interrogativi ai quali si chiede agli interessati e al pubblico di rispondere sono quattro: in quale misura le norme hanno inciso sul livello del capitale detenuto dalle banche, se i nuovi requisiti sono tutti proporzionati ai rischi cui dovevano far fronte, quale impatto stanno avendo queste norme sui prestiti alle imprese più piccole e sui finanziamenti dei progetti infrastrutturali, se alcune delle norme potrebbero essere semplificate o differenziate per rischio o dimensioni senza compromettere gli obiettivi da esse perseguiti di solidità e stabilità delle banche. Verso la fine dell'anno la Commissione pubblicherà una relazione sull'esito della consultazione e organizzerà un'audizione pubblica per poi stendere una relazione definitiva della relazione nel 2016.

Ma il patrimonio non è l’unico cruccio del momento. L’altra nota dolente per la banche italiane riguarda le nuove norme sulla classificazione dei crediti, che obbligando le banche a controlli più severi sugli in bonis e a rettifiche più pesanti sui deteriorati, di fatto imporranno di accrescere gli accantonamenti, affossando i bilanci 2015 dopo gli choc che già si sono visti lo scorso anno. Per gli istituti di credito si tratta di regole ancora una volta troppo severe, ma il consulente finanziario Fabio Bolognini, nel suo blog “Imprese+Finanza”, dà un giudizio opposto, dicendo che si tratta di misure quanto mai opportune. E per spiegare le sue ragioni, Bolognini prende ad esempio il caso della Banca Popolare di Vicenza.

La Popolare di Vicenza nel 2009 riteneva di presidiare territori immuni dalla crisi: mentre nel resto d’Italia le sofferenze esplodevano facendo registrare un +43%, per i clienti di via Framarin gli affari andavano invece a gonfie vele, con un calo delle rettifiche del -3%. Poi tra il 2010 e il 2012 la crisi ha iniziato a mordere anche sotto i colli Berici ma meno che nel resto d’Italia: +31% la crescita delle sofferenze italiane nel 2010 (+21 le rettifiche Vicenza), +37% nel 2011 (+8 Vicenza), +16% nel 2012 (+13 Vicenza). Quando però Bankitalia capisce che la musica sta per cambiare perché le banche grosse saranno vigilate direttamente da Francoforte, a Vicenza esplode la crisi: +100% le rettifiche nel 2013, contro una crescita del +24% delle sofferenze in Italia, e nel 2014 si replica (+101% contro +18). A fronte di tutto ciò, fino al 2012 Vicenza chiudeva bilanci in utile per oltre 100 milioni e distribuiva lauti dividendi ai soci, mentre nell’ultimo biennio – proprio a causa dell’esplosione delle rettifiche – i bilanci sono stati chiusi in rosso per 30 milioni nel 2013 e per 760 milioni nel 2014.

La lezione che ne trae Bolognini è semplice: «Quale sia stato il motivo che ha indotto la banca Popolare di Vicenza a mantenere le rettifiche invariate nel 2009 quando il sistema bancario subiva aggravio di sofferenze del 43% - scrive – non è dato sapere, ma la differenza si ripete nel 2010 e nel 2011. Il fatto che le rettifiche esplodano nel 2013 e 2014 fa oggi supporre che la Popolare di Vicenza non beneficiasse di un sistema di filtro del credito migliore delle altre banche, ma che più semplicemente sia stata indulgente nella classificazione. Salvo poi trovarsi in un brutto pasticcio – aggiunge – che ha costretto la banca a varare di corsa aumenti di capitale abbastanza controversi e persino a un cambio di management tra le polemiche degli azionisti. Azionisti che nel frattempo sono raddoppiati (da 55.000 a 117.000) ma non hanno raddoppiato la loro felicità».

In conclusione, dice Bolognini, «il credito e le sue valutazioni sono un fatto di grande trasparenza verso i soci e anche verso i clienti a cui si è chiesto di fidarsi e in tanti casi di diventare soci». «È un impegno – afferma il consulente finanziario – anche verso i buoni clienti che non devono mai pensare di pagare per i cattivi e per i cosiddetti ‘amici’.  Biasimare regole troppo penalizzanti sulla classificazione dei crediti in arrivo dalla BCE andrebbe fatto solo in presenza di motivi solidi e dopo avere riflettuto su quanto è avvenuto nei bilanci di molte banche. La trasparenza ha un costo – conclude – ma nel lungo periodo è un investimento che sui mercati finanziari ha un ottimo ritorno».
@dpyri 
di Davide Pyriochos da VeneziePost


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