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La "rivoluzione della normalità" di Graziano Delrio: basta con il mito grandi opere

Di Rassegna Stampa Domenica 12 Aprile 2015 alle 14:58 | 0 commenti

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Con quello spolverino e la bicicletta, il mezzo scelto per il debutto a Porta Pia come successore di Lupi, sembrava il pesciolino Nemo che andava a farsi una bella nuotata nella piscina degli squali. Sapeva tuttavia che prendere in mano un ministero travolto dagli scandali e colpito dai Pm nella sua catena di comando non sarebbe stata routine.

E infatti, dopo pochi giorni da titolare delle Infrastrutture, Graziano Delrio da Reggio Emilia, annuncia la sua «rivoluzione della normalità»: basta con il «mito delle grandi opere», basta con le procedure d’emergenza e le varianti in corso d’opera, basta con i General contractor che nominano i direttori dei lavori. «Si torna all’ordinario, alle regole semplici, europee. E faremo tutto ascoltando prima i cittadini e informandoli passo passo». Lo chiama “Open-cantieri” e significa che tutto sarà messo online.
Lei arriva a Porta Pia sulla scia dello scandalo Incalza-Perotti che ha costretto il suo predecessore a dimettersi. Che “clima” si respira nei corridoi? Si sentono sotto assedio?
«Tenga presente che fino a ieri molto, moltissimo, di quello che passava di qua era sotto la responsabilità della struttura tecnica di missione. Essendo stata decapitata, ora mi sembra di percepire un senso di… smarrimento. Per questo, da parte mia, ho cercato di dare subito un indirizzo chiaro».
Così le grandi opere di Lupi da 51 sono state ridotte a 25… «È un’indicazione di marcia: diciamo al paese e all’Europa quali sono le opere che riteniamo strategiche e quando saranno completate. Ma attenzione, anche quell’elenco non va mitizzato. Perché fino a ieri stare o non stare nella tabella della legge obiettivo significava poter avere i soldi o vedere i cantieri fermi. Un approccio del tutto sbagliato. Noi con il nostro piano triennale vogliamo portare avanti tutte le opere. Le uniche Grandi opere sono quelle utili, che possono essere anche riparare una scuola o mettere in sicurezza il costone di una montagna ».
È la dichiarazione di fallimento della faraonica operazione legge Obiettivo inventata da Berlusconi e Lunardi. Tanti miliardi, tanta corruzione, zero opere… «Focalizzarsi sulle grandi opere ci ha portato in 14 anni di legge Obiettivo a stanziare 285 miliardi per vederne impiegati soltanto 23, appena l’8 per cento. La montagna ha partorito il topolino e ha anche generato meccanismi opachi come quello del General contractor».
Eppure tutti gli economisti sostengono che sia necessaria una ripresa degli investimenti anche nelle infrastrutture per aumentare la produttività e la crescita italiana. Come se ne esce?
«Renzi, quando ha deciso che questa cosa dovessi prenderla in mano io, mi ha detto che la nostra priorità deve essere la crescita. Un obiettivo che passa anche dalla capacità di mandare avanti i cantieri. Ma il tema vero è uscire dalla logica delle emergenze, delle procedure straordinarie, e rientrare nella normalità. Ecco, la nostra sarà una rivoluzione delle normalità: procedure europee, regole semplici sugli appalti, programmazione, coinvolgimento dei territori».
E via la struttura di missione?
«Per il momento è sospesa. Stiamo valutando se prorogare i contratti. Può essere utile per spingere di più, come coordinamento. Ma la nostra strada è un’altra, con noi finisce l’era delle grandi opere e si torna a una concezione moderna. Dove le opere sono anche la lotta al dissesto idrogeologico, la mobilità urbana, le scuole».
E la corruzione magicamente sparirà?
«Ne ho parlato con Raffaele Cantone e siamo d’accordo che bisogna anzitutto lavorare nell’ordinarietà e nella semplicità. Perché i meccanismi corruttivi sono più semplici con procedure d’emergenza, commissari, regolette e codicilli, varianti in corso d’opera».
Molto bello, opera magna. Ma il nuovo codice degli appalti è ancora in discussione al Senato, poi ci sarà la Camera poi dovranno arrivare i decreti delegati. Campa cavallo…
«Valuteremo infatti se su alcune questioni - come ad esempio i General contractor che scelgono i direttori dei lavori o le varianti d’opera che fanno sfondare i costi su fino al 40% - non sia opportuno anticipare la nostra rivoluzione in un decreto legge».
Intanto nel paese che ha costruito la Cupola del Brunelleschi bisogna farsi il segno della croce quando si attraversa un viadotto. Possibile che all’Anas non cambi nulla? Eppure Renzi aveva promesso un «repulisti» a partire dal vertice… «Che dentro le strutture un ricambio faccia sempre bene è fuori discussione. A questo governo si può imputare tutto tranne la timidezza nell’affrontare il cambiamento. Quando arriverà il momento dei rinnovi valuteremo ».
Lei è un alto papavero del Pd emiliano. E nel suo partito, dopo lo scandalo della Coop Cpl Concordia, si è aperta una diatriba tra dirigenti e amministratori sull’opportunità di restituire i contributi (leciti) ricevuti. Lei cosa farebbe?
«Non vedo nessun obbligo o automatismo perché il finanziamento privato alla politica esiste in tutta Europa e noi abbiamo abolito quello pubblico. Certo, se uno scopre a posteriori di aver ricevuto un contributo da una ditta della Camorra, mi sembra il minimo che restituisca. La Concordia è una delle più grandi e antiche cooperative emiliane. Chi poteva immaginare? Ma proprio per rispetto alla storia della cooperazione va fatta piena luce».
Delrio ieri a Roma i sindacati sono scesi in piazza contro il caos province, i dipendenti ancora non sanno che fine faranno. Le sembra normale?
«No, ma non è vero che c’è il caos e non è vero che non ci siamo mossi. Anzi noi, cioè lo Stato centrale, ha già fatto quello che doveva fare, ovvero individuare quelle competenze che devono restare alle province. Il problema è che molte regioni l’hanno presa con rilassatezza e non hanno fatto quel che era stato loro richiesto. Io non ci sto a prendermi le colpe di altri. E non mi vengano a dire che i tempi erano troppo stretti, visto che la Toscana ha già stabilito cosa far fare alle sue province. Segno che era possibile farlo. Ora per fortuna con il presidente Chiamparino la questione è stata presa a cuore e ho fiducia che sveglieranno chi si era addormentato».
Venerdì avete approvato il Def. Questo tesoretto da 1,6 miliardi lei dove lo metterebbe?
«Non ci casco! Il presidente del Consiglio ha detto che ne discuteremo collegialmente e così sarà. Posso solo dire che il nostro core business è l’occupazione e la crescita. Abbiamo l’ossessione di far lavorare sempre più persone».
di Francesco Bei da La Repubblica

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