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La Quinta Luna apre e chiude a Corso Padova. Prima assume un cuoco evasore poi un giovane "chef" accusa: "non mi hanno pagato". L'amministra l'ex socio Arcandi, un altro ex socio è l'avvocato Osti

Di Pietro Cotròn Lunedi 5 Ottobre 2015 alle 13:40 | 0 commenti

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Tinello, Gente di Mare, Osteria la Vacamora, ecco alcuni dei nomi che si trovano sul web per un locale che in fondo a Corso Padova al civico 181 da anni mette a segno tante rapide chiusure quanto faticose riaperture con spesso diversi gestori e per giunta cambiando quasi sempre nome, segno di una scarsa notorietà positiva. L'ultima, anzi la penultima, apertura è avvenuta un paio di anni fa come La Quinta Luna.

Sempre lì, in fondo a Corso Padova, al civico 181, quindi non nella parte più nota ma in quella semi nascosta, senza posto per parcheggiare e accanto ai binari della ferrovia proprio davanti a uno dei più angusti sottopassi della città, quello che collega quel pezzetto meno nobile del Corso con la zona di Viale della Pace.

Titolare del locale allora appena (ri)aperto è una società srls, cioè con "ben" mille euro di capitale sociale e a contabilità semplificata, un modello societario nato per agevolare i giovani imprenditori ma che è stato sempre o quasi sempre utilizzato all'italiana.

Anche nella società che è titolare dell'attività commerciale del locale tra i soci, infatti, risultavano il non più "giovanissimo" imprenditore vicentino Roberto Arcandi, quello della nota argenteria Rossi & Arcandi, che risulta tuttora amministratore unico del ristorante anche dopo aver ceduto le sue quote, un quarto dei mille euro di capitale.

La stessa quota, ad esempio, di un avvocato che opera a Vicenza, tal Davide Osti, il cui cognome pareva predestinato a farlo stare, come spesso stava, invece che nelle aule di un tribunale proprio dietro un bancone a servire, come gli osti provetti, prosecchi e vini ai clienti. E a far di conto accanto alla cassiera, neanche fosse anche lui un amministratore, magari di fatto. Funzione che ci ha negato, anche perchè sarebbe vietata dall'Ordine professionale a cui è iscritto, e da poco interrotta perché anche lui ha ceduto i suoi 250 euro di capitale sociale: una ventina di bottiglie di buon vino sufficienti, però in Italia a recitare da imprenditori (e) legali.

Anche La Quinta Luna, che aveva aperto con ai fornelli un cuoco, che si dichiarava genovese in uno spot pubblicitario realizzato insieme ad uno dei suoi titolari, cucinava a Vicenza "cibi liguri oltre che mediterranei o vicentini" ma finiva poco dopo sui giornali locali per misfatti che gli sono stati più volte contestati fin da quando "confezionava" fatture pluri milionarie (in proprio o per conto terzi?) in Campania con una semplice partita Iva personale.

Anche per l'appello umano già rivolto ad altri media locali dal suo legale, non Davide Osti, che pure avrebbe dovuto conoscerlo per tempo, ma la cassazionista Francesca Nisticò, di lui non facciamo il nome letto sulla stampa locale, ma la sua vicenda determinò la prima di una serie di chiusure momentanee ma frequentissime della Quinta Luna in due anni a causa di storie varie.

Prima la sua, poi l'ictus che avrebbe colpito il suo successore, rimpiazzato, quindi, in cucina per qualche tempo da una cameriera "truccata" da cuoca prima che arrivasse un giovane aspirante chef, Marco Roverato, con esperienze maturate anche alle Calandre, così ci avevano raccontato lui e i suoi entusiasti titolari (che ora di lui dicono peste e corna, ndr).

Dopo che avevamo assaggiato i suoi piatti dal vivo, ottimi anche se sempre fatti pagare un bel po' dai titolari (con cuochi veri o finti, condannati o incensurati), al buon Marco Roverato avevamo reso possibile mostrare la sua bravura facendogli illustrare un paio di volte sue ricette sul nostro VicenzaPiù Magazine e davanti alle nostre telecamere prima che...

Prima che "fuggisse" dal locale lamentando (è questo il motivo dell'attuale cambiamento di idee su di lui dei gestori?) "i mancati pagamenti delle sue competenze per un tempo lungo un anno e non più gestibili visto l'arrivo imminente di una figlia": ce lo ha dichiarato lui disperato per iscritto ad inizio estate insieme a tante altre cose (tra cui altre presunte "insolvenze" che stiamo verificando).

Da allora attendiamo, invano, conferma o smentita dai vari "osti" di Corso Padova, che si chiamino Roberto Arcandi o Davide Osti ha poca importanza, e, nel caso di conferma, sul perché un imprenditore e un avvocato, dopo aver imprudentemente assunto un cuoco "discutibile", abbiamo così tanto maltrattato, a sua detta, un giovane e laborioso chef.

Dopo i loro prolungati silenzi sul "merito", salvo minacce rivolteci in legalese, non possiamo non chiedere a loro e non possiamo non chiederci il perché di varie "stranezze".

Tra cui l'ultima a cui implicitamente facciamo riferimento all'inizio: la cessione delle loro quote a un nuovo gestore che sta facendo tinteggiare il locale per riaprirlo a fine ottobre (vedi la foto con la saracinesca semi aperta mentre dentro lavora un imbianchino con cui abbiamo parlato, ndr).

Per l'ennesima volta, non si sa se con lo stesso nome lunatico o con un altro, ma con l'imprenditore dell'argento Roberto Arcandi che rimane come amministratore pur non essendo più socio del locale.

Perché? Questa è un'altra storia che mette curiosità...


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