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La mossa di BpVi spiazza il Nordest

Di Rassegna Stampa Domenica 12 Luglio 2015 alle 10:06 | 0 commenti

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La scelta della Popolare di Vicenza di quotarsi in Borsa per Fabio Bolognini è "inevitabile" per condurre in porto un pesante aumento di capitale. La conseguenza è che Vicenza per i prossimi mesi ballerà da sola, mentre l'idea di fusione tra Banco e Montebelluna prende quota

Crisi greca, bolla cinese, nuove regole Bce: tre fattori destabilizzanti per le banche italiane, che più forti del caldo torrido di questi giorni stanno tenendo nel congelatore la partita finanziaria più importante degli ultimi vent'anni, quella che riguarda l'atteso risiko delle popolari.

Una partita che ha il suo campo di battaglia principale nei "Territori del Nordest" e che nelle prossime settimane inevitabilmente entrerà nel vivo, ma che per ora ha visto muoversi un solo carrarmatino: quello della BpVi di Francesco Iorio che spiazzando tutti (compreso qualche membro del cda come l'industriale Giuseppe Zigliotto, che pur votando a favore in consiglio è contrarissimo all'operazione, almeno per quanto riguarda la tempistica) ha annunciato di voler procedere subito con la trasformazione in spa in autunno, per poi quotarsi in Borsa entro marzo 2016. Una scelta inattesa, opposta alla strategia da sempre perseguita dal presidente Gianni Zonin - il cui mandato però scadrà con la trasformazione in spa e che perciò non tiene più il timone dell'istituto - e che per i soci ansiosi di vendere le azioni e incassare qualche euro sonante significa tanto dolore, col titolo che dopo la svalutazione da 62,5 a 48 euro, in Borsa potrebbe quotare tra i 30 e i 35 ma c'è chi ipotizza si possa scendere a 25 e nell'immediato anche sotto.

Ma perché questa scelta che contraddice apertamente tutto ciò che il management e i soci hanno detto e deliberato fino all'assemblea dello scorso aprile? La spiegazione ufficiale è che la Borsa rende liquide le azioni, che dopo il blocco del fondo acquisto da parte della Bce non hanno più mercato. Il che è vero, ma i prezzi ipotizzati sono così bassi che la scelta sta facendo imbufalire i 120mila soci, di cui alcuni sono già sul piede di guerra e si sono rivolti alle associazioni dei consumatori perché si sentono traditi e danneggiati. Allora la spiegazione di un osservatore esterno come Fabio Bolognini, consulente finanziario e autore del blog "Imprese+Finanza", è che «non si potesse fare altrimenti». «Secondo me servono molti soldi. Le nuove verifiche sui conti da parte della Bce - dice - stanno imponendo nuovi accantonamenti. Servirà perciò un forte aumento di capitale (si parla di 1,5 miliardi, ndr), e gli azionisti storici vicentini non bastano: alcuni infatti non hanno più le possibilità finanziarie di sostenere la banca, mentre altri potrebbero anche farlo ma non daranno di nuovo fiducia a Gianni Zonin».

La Borsa, insomma, come strada obbligata per trovare investitori e rafforzare un patrimonio ancora insufficiente. «Da questo punto di vista - dice Bolognini - la Borsa funziona a meraviglia, tanto che pure due banche disastrate come Mps e Carige sono riuscite a condurre in porto gli aumenti. Questo perché in Borsa c'è tutto il mondo, dai fondi istituzionali agli speculatori: gente che sa benissimo che il titolo può anche scendere, ma che prima o poi un 30% lo guadagnerà rispetto ai livelli della Ipo, e a quel punto venderanno». Certo che per i soci storici non seguire l'aumento significa accattare una forte svalutazione dell'investimento: «Io credo che la svalutazione compiuta a inizio 2015 sia ancora insufficiente. A spanne mi viene da pensare che serva ancora uno sconto del 30% - dice Bolognini - perciò vedrei il titolo tra i 30 e i 35 euro, mentre non concordo con chi lo valuta 25 perché un rapporto di 0,6 tra patrimonio e capitalizzazione è bassissimo. Il vero tema - aggiunge - è però capire quale sarà il futuro, perché oggi le banche non guadagnano più. Non sono redditive, tutte quante, mica solo le popolari: il ritorno sul capitale è infatti più basso del costo del capitale, e gli immobili continuano a svalutarsi. Finché non ci dicono come pensano di fare i soldi - conclude - non è molto razionale investire nelle banche».

Ma la Borsa non significa solo trovare risorse necessarie al rafforzamento patrimoniale. Significa anche prender tempo rispetto all'idea di fondersi con qualche altro istituto. Il ragionamento che molti osservatori fanno è infatti il seguente: posto che nell'immediato il valore del titolo scenderà molto, Vicenza avrà bisogno di tempo (almeno qualche mese) per recuperare peso in Piazza Affari. Perciò qualsiasi progetto di fusione in via Framarin sarà rimandato a fine 2016 se non dopo. Questa conseguenza incide direttamente sulle aspettative della altre due venete: il Banco Popolare ma soprattutto la Veneto Banca di Vincenzo Consoli. La prima fase dell'incarico di consulenza affidato da Montebelluna a Rothschild si è infatti chiusa, ma il processo di M&A è ancora ai blocchi di partenza. Le ipotesi oggetto di valutazione sono per ora sempre le stesse: fusione con una non-quotata, fusione con una quotata italiana o straniera, incorporazione di banche più piccole così da fare di VB il polo aggregante. Tuttavia la terza ipotesi è più scolastica che concreta, e la prima è caduta nel momento in cui l'unica non quotata ha deciso di quotarsi (strada che a questo punto potrebbe imboccare anche Montebelluna, ma al momento non risulta che a Treviso vogliano emulare i cugini Berici). Non resta che la seconda: fusione con una quotata, italiana o straniera.

E nella ridda di ipotesi, rumors, scenari e suggestioni che circolano in questa calda estate, pare che uno dei candidati più autorevoli sia proprio il Banco Popolare di Pier Francesco Saviotti (gira la voce che l'offerta di cui si starebbe discutendo sarebbe di 20 euro ad azione: cifra generosa se si considera che la azioni di Veneto Banca sono state svalutate da 39,5 a 30,5 euro nell'ultima assemblea, e di questi tempi uno sconto del 30% non è certo una rapina). Qui però si entra in un territorio davvero rischioso perché la realtà dei fatti è che in questa fase tutti parlano con tutti. Perciò il Banco e VB potrebbero entrare all'interno di una partita ancora più grossa (nell'analisi qui a fianco Lucio Bussi registra che ci sarebbe un interesse da parte dei catalani di Santander), ma se alla fine tutto saltasse non si può escludere che anche Montebelluna segua la strada della Borsa e del momentaneo stand-alone.

Di Davide Pyriochos, VeneziePost


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