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Incertezza regna su BPVi, tra massimo riserbo su Sorato e ispezioni Consob

Di Rassegna Stampa Lunedi 11 Maggio 2015 alle 21:21 | 0 commenti

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«Nessun commento per nessun motivo». Si chiude nel bunker la Banca Popolare di Vicenza, che in vista del cda di domani in cui tutti si aspettano che saranno accettate le dimissioni del consigliere delegato Samuele Sorato, non rilascia dichiarazioni di nessun tipo su cosa stia realmente accadendo. Il presidente Gianni Zonin, intercettato a Milano dai giornalisti all’incontro annuale della Consob, si chiude perciò nel più stretto no comment.

La linea ufficiale è che Sorato per «motivi personali» voglia abbandonare la banca, ma dietro questa versione abbondano i retroscena e la cosa che appare chiara è che si sia creato un forte dissidio tra Sorato e lo stesso presidente Zonin. I motivi di contrasto del resto non mancano da quando la nuova sorveglianza europea ha ridotto drasticamente le ambizioni di Bpvi, che fino a un anno fa si mostrava aggressiva e capace di svolgere una funzione aggregante nel settore. Ora, dopo il bilancio 2014 chiuso con oltre 750 milioni di passivo, la banca ha da poco presentato ai sindacati un piano industriale che prevede 200 esuberi su 5.500 dipendenti, e la chiusura di 150 filiali su 650 in un’ottica di scenario “stand alone”. Ma soprattutto la banca sta affrontando due nuove ispezioni: una della Bce che ha per oggetto la gestione dei rischi finanziari, e una della Consob che invece concentra l’attenzione sul collocamento delle azioni ai clienti (di recente svalutate del 22% da 62,5 a 48 euro) e sulla gestione del fondo acquisto azioni proprie, da mesi bloccato per disposizione di Francoforte.
Insomma, le difficoltà per la banca arrivano da più parti, e la sensazione generale è che in vista del prossimo riassetto nel mondo delle popolari, la banca vicentina non sarà affatto “predatore” come Zonin e Sorato lasciavano intendere fino a un anno fa, ma piuttosto “preda”. Per il resto l’incertezza regna sovrana. «Se al posto di Sorato dovesse arrivare Divo Gronchi – ragiona il responsabile Bpvi per il sindacato Fabi, Giuliano Xausa – avrebbe un ruolo di traghettatore fino alla transazione in un altro gruppo». Dal suo punto di vista un matrimonio con Veneto Banca è auspicabile, ma altamente improbabile: «Come Fabi – afferma – siamo sempre stati favorevoli alla fusione tra le due venete perché servirebbe a salvaguardare la Sec Servizi di Padova, società che impiega 273 dipendenti per i servizi informatici sostanzialmente di Bpvi e VB e che sarebbe a serio rischio nel caso di fusioni di altro tipo. Tuttavia – aggiunge – la nostra sensazione è che questa fusione non si farà mai perché la Bce non vuole. Ritiene che le due banche abbiano problemi troppo simili e non sia perciò utile metterle assieme».
Per ora però Veneto Banca continua a mostrarsi aperta a tutte le possibilità. Sempre a Milano a margine dell’incontro Consob, il presidente Francesco Favotto ha ribadito quanto già espresso in assemblea, e cioè che l’intenzione dei vertici di Veneto Banca è di «dare assolutamente entro l’anno risposta ai soci e agli interlocutori» sulla trasformazione in spa e sulla probabile aggregazione. «Prima possibile meglio è», ha aggiunto. Favotto ha poi spiegato che l’advisor Rothschild ha raccolto le manifestazioni di interesse e che a breve presenterà al cda «i numeri» delle opzioni in campo. Quanto ai possibili candidati, Favotto si è limitato a sottolineare che «tra le non quotate è chiaro che l’interlocutore è la Popolare di Vicenza, mentre per le quotate è necessaria un po’ di riservatezza in più, anche se il panorama è noto». Rispetto alla possibilità che, in vista della trasformazione in spa, gli azionisti di Veneto banca formino un “nocciolo duro”, Favotto ha commentato che «Come presidente e come cda non stiamo facendo assolutamente niente in questo senso, certo sappiamo che i soci si stanno muovendo. Si parla di un 15% di zoccolo duro – ha aggiunto – ma sono voci. Secondo me è ottimistico, ma può essere anche verosimile».
Sulla prospettiva del risiko è intervenuto anche l’ad del Banco Popolare, Pier Francesco Saviotti, che ha ribadito come il suo «desiderio» sia «un’unione con Bpm. In molti – afferma Saviotti – dicono che non sarà possibile, ma per me non sarà impossibile ma solo difficile». Per ora però non c’è nulla di concreto a parte i colloqui. «Al momento non c’è niente – ha affermato il top manager – altrimenti saremmo costretti a dirlo. Procediamo in modo idoneo – ha aggiunto – i colloqui si sono intensificati, non sono più così volatili, vedremo se dai colloqui verranno opportunità per fare qualcosa di concreto». Comunque, ha concluso, «nel momento in cui dai colloqui ci sarà qualcosa di più serio sceglieremo l’adivsor».
@dpyri
di Davide Pyriochos da VeneziePost


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