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Esercitazione "Lion Response 2015", soccorsi e forze dell'ordine alla Ederle

Di Sara Girombelli Giovedi 7 Maggio 2015 alle 15:30 | 0 commenti

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Mattinata campale alla caserma militare Carlo Ederle con l’esercitazione “Lion Response 2015”. Una volta all’anno le forze militari americane collaborano col personale sanitario italiano, con le forze dell’ordine e con la protezione civile. Quest’anno la simulazione (vedi qui la PhotoGallery) consisteva nella simulazione di un forte evento sismico, intorno ai 6.9 gradi della scala Richter, che ha compromesso il “Teen Center” della base (una sorta di palestra/doposcuola per ragazzi), distruggendo le vetrate e ferendo un buon numero di persone.

L’evento iniziale, tuttavia, per essere più realistico possibile ha previsto anche il danneggiamento di un altro edificio, ovverosia la piscina pubblica della base, incrinando in maniera irreversibile il contenitore del cloro della piscina (un barile dalla capacità di oltre 1500 litri) e provocando quindi la dispersione di una nube tossica molto pericolosa. Come se non bastasse in un’altra area della caserma, più precisamente nell’ ufficio legale, viene ritrovato un pacco sospetto che potrebbe essere una bomba e quindi è necessario mettere l’area in sicurezza e farlo brillare dagli artificieri italiani.

“Per l’occasione – spiega Anna Ciccotti, responsabile della comunicazione con la stampa per la caserma – all’esercitazione si sono uniti nuclei di rinforzo dell’esercito americano in Europa. Alcune guarnigioni ad esempio vengono dalla Germania. Lo scopo è promuovere e incentivare il lavoro di squadra”.

Nella prima fase dell’esercitazione, quindi, ci troviamo dentro una palestra: la scena è suggestiva, civili e militari si fingono feriti, oggetti rotti (simulati con le sedie) sono sparsi per tutto il pavimento e un alone di fumo (anch’esso simulato) impedisce una corretta visione. I partecipanti alla simulazione sono feriti, truccati per simulare ustioni e sangue (in seguito a un’esplosione provocata dal sisma), molti di loro si lamentano e gridano come se il tutto fosse reale. Ogni vittima ha una sua storia, alcuni simulano persone anziane, altri famiglie con bambini, di modo che siano messe in gioco tutte le casistiche possibili che i soccorritori in cui i soccorritori potrebbero incappare in una situazione reale (vedi qui la PhotoGallery).

A poco a poco i militari americani, insieme ai vigili del fuoco italiani, portano via tutti i feriti e i morti. Tutt’altro che simulata la fatica di fare avanti e indietro tirando su qualche decina di persone, con donne che in coppia sollevano militari di una certa stazza e li adagiano sul prato esterno alla palestra.

Una volta sistemati i feriti, dividendo in due aree i codici verdi da quelli gialli e rossi, i vigili del fuoco si apprestano a fare una prima stima della gravità della situazione delle vittime. Ben presto sopraggiungono le varie ambulanze della protezione civile e della croce rossa, oltre che le forze dell’ordine. I giornalisti, quelli veri, sono inclusi anch’essi nella simulazione e per questa volta è possibile seguire il tutto passo per passo direttamente accanto ai soccorritori.

Il Direttore del SUEM ( Servizio di Urgenza  ed Emergenza Medica) Federico Politi, insieme ai responsabili delle varie forze in campo, coordina le direttive e stabilisce di allestire un campo per i 17 codici rossi rilevati e allo stesso tempo di sorvegliare con qualche volontario i codici verdi, per verificare che le condizioni non si aggravino per qualche motivo.

In seguito l’azione si sposta alla piscina della base coi vigili del fuoco intenti intervenire per arginare l’emergenza della nube tossica di cloro, vestiti di tutto punto con attrezzature totalmente isolanti (forse non proprio comodissime per i movimenti, ma in una situazione reale basterebbe un piccolo spiraglio d’aria contaminata per creare grossi problemi).
La situazione, nel giro di 3 ore, è sotto controllo e starà alle forze militari americane verificare il livello di efficienza e di coordinamento di tutti coloro che hanno partecipato alla simulazione. “Si tratta pur sempre di esercitazioni propositive – racconta la Ciccotti – cui si arriva dopo mesi e mesi di prove, per cui difficilmente si avrà un fallimento negli obiettivi di simulazione, ma dispiegare in campo un numero così alto di soccorsi e forze militari serve a correggere i piccoli difetti che il piano originale potrebbe comunque avere”.


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