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Corso Padova: bellezza "eterna" nella città di Vicenza

Di Giulia Biasia Domenica 31 Gennaio 2016 alle 20:55 | 0 commenti

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Come per tutte le cose, il tempo passa e si vede. Corso Padova veniva chiamato Borgo Padova, questo perché era al di fuori delle mura della città di Vicenza, ma al tempo stesso a ridosso di esse. Il “borgo” era diverso dalla via che siamo abituati a vedere noi oggi, trafficata, popolata e piena di attività commerciali. Contrà Padova e Corso Padova racchiudono negozi di arredamento e gallerie d'arte, passando per bar e pasticcerie, negozi di abbigliamento e parrucchiere, incontrando banche e studi medici e legali in presenza massiccia come si può vedere nella tabella allegata.

Per dare un'idea della differenza tra passato e presente, al posto dell'attuale viale Margherita, dove ogni giorno migliaia di macchine si imbottigliano nel traffico, una volta c'erano i Forti di Porta Padova, che, come si può notare dalla cartolna, erano parte di una lussureggiante e tranquilla zona rurale. Ma per capire meglio come (o per volontà di chi) è nata Porta Padova, con il conseguente Corso, si deve fare un breve cenno storico. Vicenza, durante la sua storia, incappa, dal 1311 al 1387, in un periodo di dominazione scaligera. Gli Scaligeri, decidono di apportare delle modifiche alla città e, oltre a rafforzare la zona di Porta Castello, fanno costruire una nuova cinta di mura, chiamata di Borgo San Pietro (attuale Corso Padova), con annesse Porta Santa Lucia e la "nostra" Porta Padova.

Corso Padova, che prende inizio da via XX Settembre e finisce in viale della Pace, conserva ancora palazzi risalenti al periodo gotico. È vero, abbiamo appena detto che il tempo passa e che il suo scorrere lascia i segni, ma la bellezza, quella vera, quella dei palazzi, dell'architettura e dell'arte, rimane inalterata. E così Palazzo Regaù, che durante la sua esistenza è stato sede di dormitori economici, ora ospita delle abitazioni mantenendo comunque inalterata la sua facciata di stile tardo gotico della seconda metà del Quattrocento. Palazzo Franco, intatto anch'esso, è, invece, una costruzione più tarda, ovvero dell'Ottocento, ma porta la firma di Antonio Piovene. Altro esempio è l'odierna scuola primaria G. Zanella, che come si vede nella cartolina, anche al tempo in cui a transitare non erano macchine, ma carri e carrozze, manteneva lo stesso nome.

È sicuramente retorico voler vedere la differenza tra le strade deserte e non asfaltate e il traffico di oggi o una strada a tre o quattro corsie, tra i carri trainati da animali e le macchine o i furgoni, tra la tranquillità della vita di "una volta" e la frenesia di arrivare in tempo ovunque si debba andare, tra i tram che circolavano sulle rotaie e le corriere o gli autobus che ogni giorno riempiono le strade. Sarebbe retorico, ma tant'è. E forse in tanta diversità dà orgoglio vedere come la “storia” di una città rimanga immutata, come monito, per ogni persona che passa, di ciò che è stato e ciò che sempre sarà.

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