Ciambetti: immigrazione e regole non rispettate
Lunedi 27 Luglio 2015 alle 14:10 | 0 commenti
				
		
Roberto Ciambetti, presidente Consiglio regionale Veneto
Ci si può scandalizzare davanti alle parole del premier ungherese Viktor Orban per il quale l'immigrazione illegale è una "minaccia per l'Europa" e l'Unione europea non fa nulla per difendersi dalle "masse di clandestini" che contribuiscono "a far prosperare terrorismo, disoccupazione e criminalità ", ma credo che molti veneti condividano questa analisi.ÂOrmai stiamo andando verso un punto di svolta e la tensione susseguente alle azioni di sostegno agli immigrati giunti attraverso il Canale di Sicilia o dalle frontiere orientali può far saltare equilibri sociali che la crisi economica, e scelte politiche non sempre adeguate, hanno già messo a dura prova.
Il 26 giugno 2013 si  approvò il Regolamento UE n. 604, il cosiddetto Dublino III, accolto  anche dall’attuale maggioranza di governo, che  stabilisce il principio  generale per cui spetta allo Stato dell’Ue di primo ingresso la  responsabilità di esaminare la domanda di asilo e dell’accoglienza del  richiedente asilo oltre a indicare altri criteri per determinare lo  Stato competente.
Una persona che, in fuga da guerre o  persecuzioni,  arriva in Italia può chiedere il riconoscimento dello  status di rifugiato o la cosiddetta protezione sussidiaria attraverso  un’unica procedura amministrativa.
Un conto è trattare chi  è in fuga  da guerra o da persecuzioni, e che quindi chi ha diritto alle forme di  tutela internazionali. Un conto è affrontare i flussi migratori di chi  cerca lavoro, migliori condizioni di vita o vuole ricongiungersi a  familiari già trasferiti all’estero. E’ su questo fronte che l’Italia  dimostra una incapacità nel gestire un fenomeno complesso: spesso  sentiamo dire che il problema  riguarda e coinvolge tutta l’Europa e che  l’Italia non può essere lasciata sola. Da  Bruxelles, e in molte  diplomazie europee, la questione è vista in maniera ben diversa: il  problema è l’Italia, non l’Europa. E’ l’Italia perché non ha rispettato  le norme comunitarie del 2013 e non si è attrezzata in maniera adeguata  per attrezzare punti di accoglienza e riconoscimento dove distinguere  richiedenti protezione dagli immigrati. Si è affrontata la questione  nello stesso modo con cui, “si parva licetâ€, si è tentato di risolvere  l’affollamento delle carceri: si sono aperte le porte anziché  predisporre nuove strutture carcerarie, magari pensate per diverse  strategie di recupero e finalità della pena. Anche nel caso degli  immigrati si è fatto lo stesso: si sono aperte le porte nella speranza  che gli immigrati e i clandestini  riuscissero a dileguarsi, passare le  frontiere e diventare così un problema altrui. A tutt’oggi questa è la  strategia, per molti aspetti inquietante e folle che non solo inquieta  il premier ungherese Viktor Orban, ma disorienta i sindaci e quanti sono  costretti a gestire all’ultimo minuto emergenze su emergenze.
Quando  i sindaci veneti insorgono contro le imposizioni prefettizie, in realtà  mettono in luce le contraddizioni del sistema italiano che non rispetta  la norma europea e che lascia molti dubbi anche attorno al business  che, come purtroppo si è visto a Roma,  personaggi senza scrupoli, anche  vicini all’attuale governo, hanno imbastito spiegando che  l’immigrazione rende più che il traffico di droga.
Infine c’è chi poi  fa notare una contraddizione di fondo: come ha detto il presidente  Obama, "L'Africa è in movimento, corre: la povertà diminuisce, i redditi  salgono e la classe media è in crescita". Perché abbandonare un  continente che può offrire nel volgere di pochi anni occasioni di lavoro  nei più diversi campi?  Non è una domanda oziosa, all’interno di una  questione complessa che non può essere affrontata con trascuratezza e  frettolosamente, come buona parte dei cittadini veneti hanno ben capito.
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