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A 70 anni dalla Liberazione, tra zingari, comunisti e corruzione

Di Giorgio Langella Mercoledi 22 Aprile 2015 alle 14:23 | 0 commenti

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(Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano …). Matteo Salvini, leader della Lega, ha dichiarato che se potesse, dopo aver dato lo sfratto, raderebbe al suolo i campi rom. Il sindaco di Albettone, Joe Formaggio, ha fatto installare cartelli segnaletici di “divieto di sosta ai nomadi”. Il 16 aprile, si poteva leggere su Il Giornale di Vicenza (cronaca di Schio) questo titolo: “I divieti inutili contro nomadi e cani”.

Più o meno consapevolmente, si colpevolizzano persone per il solo fatto di essere “nomadi”, sinti o rom e non per i reati eventualmente commessi. Li si equipara ad animali con una forma di discriminazione preventiva che esprime l'odiosa convinzione secondo la quale si è colpevoli o innocenti se appartenenti a un etnia piuttosto che ad un altra. Si insiste su sentimenti di razzismo, xenofobia e odio religioso che fondano le proprie radici in quella “guerra tra poveri” imposta da quel pensiero unico e dominante che vuole  nascondere i volti e i nomi dei veri responsabili del disagio economico, sociale e morale che viviamo ogni giorno. Così ci si ricorda  di essere “cattivi” verso chi vive in maniera diversa e ci si dimentica, ad esempio, che tra i 10 martiri antifascisti del Ponte dei Marmi di Vicenza, almeno tre erano sinti.

(… quando presero i comunisti, io non dissi nulla perché non ero comunista …)

Due consiglieri leghisti di Milano, copiando la decisione del parlamento  ucraino e del governo di Kiev del quale fanno parte forze che si richiamano apertamente al nazifascismo, hanno presentato un ordine del giorno che chiede la messa al bando, in Italia, dei partiti che si ispirano al marxismo vietando loro l'uso di propaganda e simboli comunisti.

Ad Auschwitz da un paio di anni il “memoriale italiano” è chiuso al pubblico. Un monumento notevole che ricorda come nei lager furono deportati e massacrati ebrei, ma anche slavi, sinti, rom, comunisti, socialdemocratici, cattolici, omosessuali, testimoni di Geova, disabili. La “colpa” grave del memoriale (opera collettiva di grandissimi artisti e intellettuali italiani), quella che ne ha “decretato” la chiusura, è quella di esporre i simboli comunisti, una falce e martello, e l'immagine di Gramsci quali esempi della lotta contro gli aguzzini. In questi anni di chiusura del monumento e ancora oggi, alla vigilia della celebrazione del 70° anniversario della liberazione e della sconfitta del nazifascismo, il governo italiano non ha protestato ufficialmente né promosso azioni che impediscano quella che è una vera e propria rimozione della memoria.

(… un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare.)

Un poliziotto che ha partecipato ai fatti successi alla scuola Diaz di Genova dopo il G8 del 2001 (pestaggi e torture per le quali l'Italia è stata condannata dal tribunale di Strasburgo grazie alla determinazione del vicentino Arnaldo Cestaro che fu brutalmente percosso in quell'occasione), ha dichiarato su facebook che rifarebbe tutto. Ci sono state, ovviamente, proteste e stupore, ma una gran parte dei mezzi di informazione e dell'opinione pubblica gli ha dato ragione ritenendo evidentemente “normale” l'uso della violenza e della tortura per “mantenere l'ordine”.

Il governo vuole imporre una legge elettorale che prevede un premio di maggioranza altissimo e candidature “blindate”. È l'ennesimo stravolgimento di quella Costituzione, nata dalla Resistenza, che fonda le proprie radici sul diritto universale di ogni cittadino di poter essere rappresentato in Parlamento e di partecipare all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Una democrazia reale fondata su un sistema elettorale proporzionale per il quale ognuno conta come chiunque altro. Invece con la legge elettorale che il governo Renzi vuole imporre a ogni costo, anche ricorrendo alla fiducia, l'elettore avrà sempre meno possibilità di eleggere il proprio rappresentante e chi vince (anche se minoritario nel paese) potrà governare senza effettivi controlli.

Ogni giorno assistiamo a una corruzione crescente e devastante che divora ogni settore dello Stato e della cosa pubblica. Gli scandali che hanno come “titoli” Expo, Mose, CPL Concordia, Mafia Capitale o la recente indagine sulle tangenti ad Abano e Montegrotto sono solo alcuni esempi di una prassi talmente radicata che, ormai, è diventata normale. Una abitudine al malaffare che è indice di quell'intreccio tra politica e affari che fa apparire chiunque si interessi della cosa pubblica ugualmente corrotto. Il risultato non è l'insorgere di una giusta indignazione, ma la diffusione di una rassegnazione che serve ad allontanare i cittadini dalla politica.

La politica, anzi il simulacro di essa, ormai si fa grazie alle “fondazioni”. Vere e proprie imprese d'affari fondate e dirette dagli stessi politicanti che, invece di regolamentarlo severamente, hanno cancellato il finanziamento pubblico ai partiti. Strumenti poco controllabili che servono principalmente ad accumulare risorse e denari senza dover rendere conto a nessuno se non a chi ha finanziato il proprio referente politico attraverso la fondazione stessa. È la privatizzazione di una politica ridotta alla servitù di qualche interesse  privato. Un ruolo umiliante che nulla a che vedere con quello previsto dalla Costituzione.

Questi sono tutti tasselli di un progetto ben studiato che ha come chiaro obiettivo l'individuazione del nemico nel diverso, esasperando i sentimenti xenofobi e razzisti, il qualunquismo, la rassegnazione, l'indifferenza e, quindi, l'astensionismo. Così facendo il sistema democratico si trasformerebbe, di fatto, in un'oligarchia dove il potere resterebbe a lungo nelle mani di quelli che sono i veri responsabili della situazione che ci sta opprimendo.

A 70 anni dalla liberazione dell'Italia e la sconfitta del nazifascismo, stiamo vivendo in una società che diventa sempre più cattiva e pericolosa.

Viene, allora, alla mente quello che scriveva sul fascismo, oltre 50 anni fa, Pier Paolo Pasolini: “L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo. Essere laici, liberali, non significa nulla, quando manca quella forza morale che riesca a vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona, con le sue leggi allettanti e crudeli. Non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società.”


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